Durante di Alighiero degli Alighieri, anche noto come Dante, nasce nel 1265 a Firenze, in Italia.
È considerato il padre della lingua italiana, e uno dei più grandi poeti e scrittori del nostro paese. Eppure, non era infallibile!
Una dote importante per uno scrittore, infatti, è sicuramente saper riassumere, e dare ad ogni cosa il giusto spazio. Nel trentatreesimo canto del Purgatorio (versi 136-141), Dante ammette di aver sbagliato le misure:
S’io avessi, lettor, più lungo spazio
da scrivere, i’ pur cantere’ in parte
lo dolce ber che mai non m’avrìa sazio;
ma perché piene son tutte le carte
ordite a questa cantica seconda,
non mi lascia più ir lo fren de l’arte
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Pierre de Fermat nasce nel 1601 a Beaumont-de-Lomagne, in Francia.
È uno dei più importanti matematici della storia (nonostante si occupasse della materia solo come hobby), ha dato importanti contributi allo sviluppo della matematica moderna e avuto scambi di lettere con molte altre importanti figure del suo tempo, come Mersenne e Pascal. Eppure, non era infallibile!
Mentre stava leggendo l'Arithmetica di Diofanto di Alessandria, scrisse sul bordo della pagina:
È impossibile separare un cubo in due cubi, o una potenza quarta in due potenze quarte, o in generale, tutte le potenze maggiori di 2 come somma della stessa potenza. Dispongo di una meravigliosa dimostrazione di questo teorema, che non può essere contenuta nel margine troppo stretto della pagina.
Quello che Fermat sostiene riguarda l'equazione
an + bn = cn
dove vogliamo che a, b e c siano numeri interi e positivi.
Se n=1, sappiamo trovare un sacco di terne di numeri a, b e c che soddisfano l'equazione: 1+2=3, 7+5=12, 2563+283646=286209 ...
Se n=2, queste terne si chiamano terne pitagoriche, e sono le possibili terne di lati dei triangoli rettangoli. Anche di queste sappiamo dimostrare che ne esistono infinite. Ad esempio: 3²+4²=5², 7²+12²=13² ...
Cosa succede per n=3 ? E per n=4 ? E per tutti gli altri possibili valori di n? Puoi provare quanto vuoi, ma, secondo Fermat, non esiste nessuna terna che soddisfi quell'equazione. Nessuna!
Eppure, Fermat non scrisse mai una dimostrazione di questo teorema, che venne chiamato "l'ultimo teorema di Fermat" (nonostante per essere davvero un teorema avrebbe dovuto avere una dimostrazione).
Lo dimostrò nel caso di n=4, e poi molti altri matematici dopo di lui provarono a dimostrarlo per altri valori di n. Eulero lo dimostrò per n=3, Dirichlet e Legendre per n=5, Gabriel Lamé per n=7.
Finalmente, nel 1994, Andrew Wiles è riuscito a dimostrarlo per tutti i possibili valori di n.
Ma che fine ha fatto la dimostrazione che Fermat sosteneva di avere in quel margine di pagina?
Ovviamente, c'è la possibilità che avesse davvero una dimostrazione del teorema, ma si tende ad escludere questa ipotesi: la dimostrazione di Wiles utilizza metodi matematici molto recenti, che Fermat non aveva, ed è impossibile che li avesse sviluppati da solo, e senza farne parola con nessuno! È possibile che avesse una dimostrazione più semplice, che usava solo strumenti matematici in suo possesso? Anche questo è difficile: in 400 anni, con tutte le persone che hanno provato a risolvere il problema, qualcuno l'avrebbe trovata!
L'ipotesi più accreditata è che Fermat avesse una dimostrazione, ma che questa contenesse un errore. Errore di cui, forse, anche lui si era accorto (ma dopo la famosa annotazione a margine di pagina): questo spiegherebbe perché non l'abbia mai pubblicata o scritta a nessuno, neanche quando poi ha reso nota la sua dimostrazione nel caso particolare in cui n=4.
Ma c'è una terza ipotesi: e se Fermat avesse deciso di fare uno scherzo alle generazioni future? Se avesse scelto una congettura volutamente difficile, sperando che più persone possibile ci sbattessero la testa, cercando la sua dimostrazione, che in realtà non esisteva?
Per quanto mi riguarda, mi piace immaginare Fermat nel suo studio, la scrivania piena di fogli, i mobili di legno massiccio, le nuvole fuori dalla finestra; una copia della Commedia di Dante poggiata sulla poltrona, aperta all'ultima pagina del Purgatorio; e lui che scrive con una penna d'oca quell'annotazione a margine, mentre se la ride.
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